LA RELIGIONE DELLA SCIENZA, UNA SOTTILE IDOLATRIA
Si sentono spesso affermazioni di questo tipo: “Credo solo nella scienza”, “Un giorno la scienza curerà tutte le malattie…”, “La religione non è credibile perché non è scientifica” . Simili affermazioni mostrano una fiducia tale nella scienza da sconfinare nel culto religioso: abbiamo allora la scienza che diventa per alcuni come una religione, perché da essa si aspettano ogni spiegazione alle loro domande – anche quelle più profonde ed esistenziali – , ogni salvezza.
Suona strano opporre la scienza alla religione. La storia dimostra, infatti, che i più grandi scienziati erano credenti e cristiani e la maggior parte cattolici. L’elenco è lunghissimo: Newton, Leonardo da Vinci, Galileo Galilei, Einstein…
Se ci fosse tutta questa incompatibilità tra fede e scienza o se la scienza fornisse la capacità di comprendere l’assurdità della religione, non avremmo nella Diocesi di Torino un rettore del Seminario – Ferruccio Ceragioli – , un vicario generale – Valter Danna – , il responsabile dell’ufficio scuola – Roberto Gottardo – ed il vescovo di Vercelli, a lungo rettore del Seminario Minore e parroco ad Orbassano, originario sempre della Diocesi di Torino – Marco Arnolfo – laureati in fisica.
Chissà le persone di cui parlavo prima cosa intendono per “scienza”. C’è molta confusione al riguardo anche per l’uso – come avviene spesso in ambito linguistico – del termine con accezioni diverse. Cerco una definizione su un vocabolario e trovo: “Complesso ordinato di cognizioni intorno ad un comune soggetto, razionalmente accertate e dipendenti da principi inconcussi”. Il vocabolario precisa poco dopo un a specie di sinonimo di “scienza”: qualunque disciplina. Dunque da un lato quando si usa la parola “scienza” si fa riferimento ad un certo ambito del sapere, dall’altro si cerca di agire in modo razionale, secondo principi da tutti accettati e si procede con ordine, in modo da “sistematizzare” il sapere in questione. Perciò qualunque cosa può essere oggetto di scienza o dare l’avvio ad una nuova branchia della scienza. Se ritengo importanti gli escrementi delle mosche, potrò creare la scienza degli escrementi delle mosche. C’è poi da menzionare lo statuto della scienza, formulato per la prima volta da Galileo Galilei: è scientifico ciò che si può ripetere secondo una precisa procedura, in qualunque parte del mondo e dà gli stessi risultati. Ma questo può andar bene solo per alcune scienze: la fisica, la chimica…e nemmeno sempre. Se io faccio bollire l’acqua ad es. noterò che man mano che salgo di altitudine varia il punto di ebollizione.
Ma ciò che dà forza alla scienza non è la scienza stessa, l’evidenza o la straordinarietà delle sue scoperte, ma la filosofia. Infatti, scavando più a fondo, per capire ciò che è scientifico da ciò che non lo è ci si imbatte nell’epistemologia, un termine coniato sulle parole greche episteme (scienza) e logos (discorso), con cui si indica quella branca della teoria generale della conoscenza che si occupa di problemi quali i fondamenti, la natura, i limiti e le condizioni di validità del sapere scientifico, tanto delle scienze cosiddette esatte (logica e matematica), quanto delle scienze cosiddette empiriche (fisica,chimica, biologia…). L’epistemologia è considerata parte essenziale della filosofia della scienza” ( da: Enciclopedia Garzanti di filosofia).
Si fa cenno quì di seguito alle principali correnti filosofiche che si sono succedute tra la seconda metà dell’ottocento e la prima metà del novecento ( fino alla nascita della epistemologia contemporanea). Le definizioni sono tratte da: E. Morselli-“Dizionario di filosofia e scienze umane”- Signorelli, 1978, Milano.
L’empirismo:” E’ considerato come il cuore del moderno “metodo scientifico”.
Sostiene che le teorie devono basarsi sull’osservazione del mondo piuttosto che sull’intuizione o sulla fede (la ricerca empirica ed il ragionamento induttivo a posteriori piuttosto che la pura logica deduttiva). L’empirismo si oppone al razionalismo di René Descartes (Cartesio) che privilegia l’introspezione e il ragionamento deduttivo a priori. Comprende le dottrine che considerano” l’esperienza sensibile, le impressioni dei sensi come il fondamento e la fonte prima, essenziale, insostituibile del conoscere umano” L’empirismo è stato un precursore del neopositivismo o empirismo logico ed ha posto le basi del metodo scientifico.
I nomi associabili all’empirismo sono: Aristotele e San Tommaso d’Aquino (precursori) e Thomas Hobbes, Francis Bacon, John Locke, George Berkeley e David Hume. Tra gli scienziati si citano Galileo, Newton, Leibniz. Con Galileo, che fu assertore del metodo sperimentale, si ha l’approccio matematico alla scienza e tale approccio alla descrizione del mondo consente di ragionare per modelli in quanto anche la descrizione matematica di un sistema fisico è un modello che può essere applicato in campi nuovi avendo un notevole potenziale predittivo.
Il positivismo: Indirizzo filosofico che, sorto in Francia nella prima metà del XIX secolo e sviluppatosi nella seconda metà in tutti i paesi europei a cominciare dall’ Inghilterra, intendeva estendere il metodo delle scienze positive (fondate sull’osservazione e la verifica sperimentale delle teorie) a tutti i settori dell’attività umana, in quanto fondava la conoscenza sui fatti e rigettava ogni forma di metafisica (dottrina filosofica che si presenti come scienza della realtà assoluta, che cerchi cioè di dare una spiegazione delle cause prime della realtà; il massimo teorico francese del positivismo fu August Comte).
L’approccio contemporaneo: Tra i più grandi esponenti dell’epistemologia del novecento possono senza alcun dubbio annoverarsi Carl Gustav Hempel (grande continuatore dell’empirismo logico del “Circolo di Vienna”), Karl R. Popper (padre della teoria del falsificazionismo e della “teoria dei tre mondi”, Thomas Kuhn (sostenitore della tesi delle “rivoluzioni scientifiche”) e Paul K. Feyerabend (sostenitore dell’”anarchismo metodologico”).
Il filosofo austriaco Karl Popper è tra coloro che mettono in evidenza e cercano di superare le contraddizioni dell’”Empirismo logico” e, per tracciare una demarcazione tra proposizioni scientifiche e non scientifiche, ha introdotto il criterio di “falsificazione” contrapponendolo al criterio di verificazione. Una sua celebre affermazione è la seguente:“una teoria è scientifica nella misura in cui può essere smentita”. Questa frase sintetizza molto bene il criterio di demarcazione tra le discipline scientifiche e quelle pseudo-scientifiche (quali ad es.la psicoanalisi), perché, mentre le prime si basano su asserzioni che possono sempre essere sottoposte in linea di principio a falsificazione, le seconde sfuggono ad ogni tentativo di falsificazione.
Per Popper, il criterio di demarcazione non può essere il principio di verificazione perché un qualsiasi numero di verificazioni non ci autorizza a considerare vera una teoria. Attacca quindi il principio di induzione perché non è possibile inferire teorie universali da singoli fatti osservabili. Vi è proprio una discrasia logica tra esperimento e teoria perché il primo è un evento che si può ripetere un numero finito di volte mentre la seconda deve valere per un numero infinito di casi. Per Popper una sola falsificazione è sufficiente per non ritenere valida una teoria.
Il “criterio di falsificazione” ci induce a ritenere scientifico un sistema di asserzioni se e solo se l’esperienza lo può falsificare. Si può sapere se una teoria è falsa (quando viene falsificata) ma non si può mai sapere se è vera. Il concetto di “teoria” non può dunque aspirare allo statuto di “verità” ma solo alla validità provvisoria: finché non viene falsificata rimane semplicemente una ipotesi, una “congettura”.
Non esiste quindi per Popper un criterio generale di verità o di certezza. Il sapere scientifico è congetturale, fallibile, falsificabile. La razionalità della Scienza poggia sulla scelta, non arbitraria, tra diverse teorie; esse sono “criticabili” (falsificabili) oggettivamente e proprio l’epistemologia ha il compito di indicare i criteri di falsificazione. L’importante è, però, assumere questo atteggiamento critico nei confronti delle teorie. Si parla infatti di “ Razionalismo critico”.
L’apporto di Popper alla discussione sui presupposti della scienza è fondamentale. La Scienza perde il valore di determinatezza e di assolutezza che il “Circolo di Vienna” tentava di salvare alla luce del neoempirismo logico. Anche le scienze naturali sono” ipotetiche” e “limitate”. Il problema è ora quello della scelta tra teorie a volte del tutto contrapposte e non è un problema da poco. Popper è conscio che il suo “criterio di falsificazione” non è più dimostrabile del “criterio di verificazione” e che nella scelta tra teorie entrano in gioco fattori lontani sia dalla oggettività che dalla scientificità. Con Popper viene sancito il carattere congetturale della scienza, limitandone l’aspirazione alla “verità” ma ricordiamo che tale aspirazione era già scemata all’interno della geometria (per es. con le geometrie non euclidee), della fisica e della matematica essendosi verificate in tali discipine profondi e radicali mutamenti.
All’epistemologia popperiana si contrappone la concezione di Thomas Kuhn che pone al centro del dibattito l’aspetto rivoluzionario delle scoperte scientifiche. Ad esso risale l’introduzione dei concetti di scienza normale, rivoluzione scientifica e soprattutto il termine di “paradigmi”. Per Kuhn con il termine di “paradigmi” vengono indicate “ conquiste scientifiche universalmente riconosciute le quali, per un certo periodo, forniscono un modello di problemi e soluzioni accettabili a coloro che praticano un certo campo di ricerca”. Secondo l’ approcco di Kuhn, il progredire della scienza non è più lineare, ma ha bisogno ogni tanto di una rivoluzione scientifica e cioè di un rovesciamento delle concezioni metodologiche o un nuovo paradigma concettuale.
Dunque è la filosofia a stabilire cosa è scientifico, a seconda della corrente filosofica seguita. Non sono la scienza o la materia in se stesse a determinarlo. Non a caso infatti gli studenti di filosofia studiano anche Galileo Galilei, come filosofo. Pertanto è necessario distinguere tra “vero” e scientifico” e tra “scienze esatte” e “”scienza non esatte”. “Scientifico” non significa necessariamente“vero”anche se si spera che si avvicini il più possibile, perché è la verità che ci interessa, sapere come stanno veramente le cose. “Scientifico” dovrebbe significare “serio”, “affidabile”, “non arbitrario”, “non influenzato da ideologie od interessi particolari”…A dire il vero, per poter fare scienza è necessario un’adeguata premessa filosofica. Se per es. ritengo che niente abbia senso non potrò produrre alcuna scienza. Può sembrare assurdo avere questa impostazione, ma se si fosse coerenti fino in fondo sarebbe il caso per es. della posizione dello scetticismo, in cui si dubita che esista la verità o del relativismo, in cui una verità vale l’altra. Dunque, anche se non lo diciamo, prima di parlare della scienza, in realtà noi premettiamo una serie di premesse filosofiche: 1) Esiste la verità, anche se difficile da raggiungere, anche se non la potremmo raggiungere pienamente mai 2) Esiste un ordine nell’universo, con leggi stabilite per nulla casuali 3) Ha un senso cercare di capire quali siano queste leggi, cercare di capire come funziona l’universo 4) La vita ha un senso, ogni azione pure: se nulla avesse senso la ricerca scientifica non avrebbe motivazioni e non esisterebbe 5) Bisogna darsi da fare 6) E’ possibile comunicare ad altri le scoperte fatte e farne tesoro per il futuro.
Questo quadro idilliaco rimane scombussolato dalla constatazione che tra noi il bene sembra una cosa da stupidi e il male una cosa da scienziati. Mi viene in mente il messaggio della Santa Vergine a Bruno Cornacchiola (un cattolico diventato avventista, attivissimo nella lotta al culto mariano ed al Papa, che aveva progettato di uccidere), il 12 aprile 1947, a Roma, presso la località detta “Le tre fontane” (secondo un’antica tradizione che rimanda ai primi secoli del cristianesimo, confermata da documenti storici di grande valore, il martirio dell’apostolo Paolo, avvenuto nel 67 dopo Cristo per ordine dell’imperatore Nerone, sarebbe stato consumato nel luogo allora denominato Aquae Salviae, precisamente dove oggi sorge l’abbazia delle Tre Fontane, attualmente un importante santuario mariano): “ La scienza rinnegherà Dio e ne declinerà gli inviti“. Bruno si convertì di colpo e la Chiesa, pur non avendo ancora riconosciuto ufficialmente il caso, l’ha sempre manifestamente sostenuto. Emerge quindi il problema della frattura tra una certa scienza e la religione. Da dove viene, visto che sono andate a lungo a braccetto? Le cause sono diverse:1) la superbia umana: alcuni scienziati si sentono Dio loro e ammettere Dio li farebbe sentire da meno 2) Un approccio filosofico come prima esaminato, che non accetti altre prove o metodi che non siano di un certo tipo, precludendosi di fatto una buona parte della realtà 3) gli errori del mondo religioso, che a volte ha preteso di dettare legge anche quando non era competente a farlo, col risultato che ora avviene il contrario: gli scienziati vorrebbero dire cose significative sul piano filosofico-religioso, pur non avendo gli strumenti per farlo. Attualmente purtroppo i due mondi, della fede e della scienza, spesso sono isolati e chiusi al loro interno. Capita spesso che uno scienziato per poter avere sovvenzioni debba tenere per sé le proprie convinzioni religiose e che un credente sia osteggiato nel suo mondo se desidera fare il ricercatore. Mi sembra una conferma di ciò anche il fatto che non esistano praticamente più figure di preti o religiosi scienziati, come Mendel o Copernico. Concludo con alcune frasi tratte dai pensieri di Einstein, che mi paiono significative.
AFFERMAZIONI DI EINSTEIN SUL RAPPORTO RELIGIONE/SCIENZA
“Senza la religione l’umanità si troverebbe oggi anocra allo stato di barbarie…E’ stata la religione che ha permesso all’umanità di progredire i tutti i campi”
“La mia religione consiste nell’umile adorazione di un Essere infinito spirituale di natura superiore che rivela se stesso nei piccoli particolari che noi possiamo percepire con i nostri sensi deboli e insufficienti”
“Credo in un Dio personale e posso dire con coscienza che nella mia vita non ho mai accondisceso ad una concezione ateistica”
“In considerazione di tale armonia nel cosmo, che io, con la mia mente umana limitata, sono in grado di riconoscere, ci sono ancora persone che dicono che Dio non esiste. Ma ciò che veramente mi fa più arrabbiare è che mi citano a sostegno di tali opinioni”
“Chiunque sia veramente impegnato nel lavoro scientifico si convince che le leggi della natura manifestano l’esistenza di uno Spirito immensamente superiore a quello dell’uomo, e di fronte al quale noi, con le nostre modeste facoltà, dobbiamo essere umili”.
“La scienza, contrariamente ad un’opinione diffusa, non elimina Dio. La fisica deve addirittura perseguire finalità teologiche, perché deve proporsi non solo di sapere com’è la natura, ma anche di sapere perché la natura è così e non in un’altra maniera”.
“Io non sono positivista. Il positivismo stabilisce che quanto non può essere osservato non esiste. Questa concezione è scientificamente insostenibile, perché è impossibile fare affermazioni valide su ciò che può o non può osservare. Uno dovrebbe dire: “Solo ciò che noi osserviamo esiste”. Il che è ovviamente falso”.
Riferimenti bibliografici
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25 gennaio 2006
– http://www.rivistadidattica.com/fondamenti/fondamenti5.htm